La morte di un congiunto è un momento triste che accompagna sfortunatamente ogni persona durante la propria esistenza.
Un brocardo popolare recita che esistono solo due circostanze che ogni uomo deve affrontare durante il proprio cammino di vita: la morte e il pagamento delle tasse.
Ebbene nel caso delle imposte di successione questi due momenti coincidono, rendendo ancora più nefasto l’evento del trapasso a miglior vita di un proprio caro.
La successione come abbiamo detto è quell’insieme di norme che regolano questo passaggio: Il patrimonio del defunto si trasferisce al momento della morte a coloro i quali saranno eredi.
La successione si apre così al momento della morte. Con l’apertura della successione viene individuato il momento preciso dal quale decorrono gli effetti della trasmissione dei diritti ereditari e i termini prescritti per l’espletamento delle varie formalità previste dalla legge. In altre parole il giorno della morte si traccia una linea, a partire dalla quale i beni cessano di essere intestati al defunto e i chiamati all’eredità dovranno affrontare le procedure burocratiche richieste dal nostro ordinamento, relative anche al pagamento delle imposte.
Sicché, per poter calcolare al meglio le imposte di successione, lo Stato italiano individua il momento della morte del de cuius come momento a far data dal quale l’erede/chiamato all’eredità più diligente dovrà ricostruire l’intero asse ereditario del de cuius, comprensivo sia di attività (immobili, buoni fruttiferi postali, conti corrente, azioni, ecc…) sia di passività e inserirlo in un apposito modulo chiamato “Dichiarazione di successione”.
Così facendo, il presupposto del tributo viene individuato nell’incremento patrimoniale del beneficiario, mentre il trasferimento del patrimonio ereditario - elemento costitutivo dell’imposta sulle successioni – rappresenta il mezzo di realizzazione dell’incremento e il criterio di attribuzione al beneficiario dell’onere tributario.
In parole più semplici l’imposta successoria si applicherà per legge e colpirà i beni non singolarmente e obiettivamente considerati, ma in quanto parte del patrimonio ereditario, nella somma algebrica degli elementi attivi e passivi, da cui potrà o meno derivare l’arricchimento dell’erede.
Per fare un esempio, se Giuseppe Garibaldi avesse avuto come patrimonio un mutuo, la cui rimanenza fosse ammontata ad € 500,00, e una casa del valore di € 1.000 , la sig.ra Anita, moglie ed unica erede dell’eroe dei due mondi, avrebbe pagato l’imposta di successione solamente sulla differenza algebrica tra gli importi sopra considerati.
Il carattere reale del tributo, che incide immediatamente sull’asse ereditario, si interseca con il suo carattere personale, determinato da diversi fattori, tra cui l’ammissione del passivo ereditario, la considerazione del grado di parentela, il sistema proporzionale dell’imposta, i criteri di accertamento, che solo successivamente analizzeremo.
1.1. La storia
L’imposta di successione, così come poc’anzi spiegata, non è una novità nei nostri ordinamenti giuridici. Il primo che introdusse in Europa la tassa di Successione fu l’imperatore Augusto nel 6 secolo avanti Cristo.
La storia vuole che nell'anno 6 d. C. Cesare Augusto introdusse una imposta del cinque per cento (vigesima pars "un ventesimo") sulle successioni e legati d'ogni genere (vigesima hereditatum et legatorum) tra cittadini romani.
Si ebbero forti resistenze in senato, giacché, fatta astrazione da un progetto subito abbandonato di Cesare, l'imposta non aveva precedenti: anzi da secoli i cittadini non pagavano più alcun tributo allo stato, mentre la vigesima li metteva, in parte, allo stesso livello dei provinciali.
Il gettito era devoluto all'aerarium militare, una cassa speciale di recente istituzione, che pagava, all'atto del congedo, le pensioni dovute ai militari: mentre prima, specie durante le guerre civili, il trattamento dei veterani era stato sempre una questione aperta, fonte di gravi difficoltà.
Dalla vigesima erano eccettuate le successioni fra parenti strettissimi (ma non si conosce sicuramente quali) e per somme al disotto di 100.000 sesterzi.
Augusto regolò, altresì, la procedura relativa all’apertura del testamento, stabilendo che le tabulae testamentariae dovevano essere aperte dinanzi all’ufficio preposto alla riscossione dell’imposta.
Durante l’impero di Antonino Caracalla (212 d.C.), la rinnovata necessità di risanare le casse pubbliche portò all’estensione della cittadinanza a tutti gli abitanti dell’Impero, con la conseguenza che anche costoro furono gravati della tassa sull’eredità, successivamente aumentata ad un decimo del valore imponibile.
Ebbene, così pensata, l’imposta di successione, almeno per quanto attiene la franchigia per i parenti più stretti è arrivata ai giorni nostri.
L’imposta di successione moderna invero è stata introdotta per la prima volta in Francia. ll moderno prelievo sulle successioni nacque nel 1704 come una costola dell’imposta di registro. Il semplice compenso per il servizio di autenticazione e datazione dei testamenti fu trasformato in un’imposta sulle quote ereditarie articolata per grado di parentela, “avuto riguardo alle considerazioni morali che fanno giudicare maggiore il vantaggio che si acquista, se minore e meno legittima era l’aspettativa di lucro, e più lontana o inesistente affatto la relazione di famiglia e di parentela”, come avrebbe sintetizzato uno stampato parlamentare italiano del 1863. In altre parole tutti i trasferimenti proprietari erano gravati da un imposta di registro, sia quelli tra vivi, si quelli a causa di morte.
L’esempio francese (da ultimo, legge 22 frimaio dell’anno VII – 12 dicembre 1798) fece scuola in quasi tutta Italia durante il periodo napoleonico. Dopo la Restaurazione, sei dei sette Stati preunitari avevano un’imposta modellata su quella d’oltralpe; se ne distingueva solo il Regno delle Due Sicilie, dove vi erano lievi diritti fissi sui testamenti.
Con l’Unità si estese a tutto il paese il sistema piemontese, ritenuto il più oneroso di tutti, se non altro perché colpiva anche all’interno del nucleo familiare.
La prima legge del 1862 (legge 585) risultò molto esosa e fu corretta nel 1866 (regio decreto 3121), dopo l’emanazione del nuovo codice civile. Tale normativa ha introdotto l’impianto dell’imposta di ipotecaria e catastale così come noi oggi le conosciamo.
1.2. Come si paga l’imposta di successione
La presentazione della dichiarazione di successione
L’unica modalità per adempiere ai propri obblighi fiscali per parti di patrimonio che si trovano sul territorio italiano è la presentazione di un’apposita dichiarazione di successione, una dichiarazione di scienza prevista per legge, secondo termini e modalità prescritte, i cui effetti non sono legati alla volontà del dichiarante ma allo stesso testo normativo.
La dichiarazione o denuncia di successione rappresenta lo strumento di conoscenza degli elementi che compongono la base imponibile cui applicare le aliquote, a seconda del grado di parentela o di affinità intercorrente tra beneficiario e dante causa, ai fini del calcolo dell’imposta di successione e, pertanto, costituisce il presupposto per il pagamento dell’imposta.
La denuncia è volta a rappresentare la situazione dei rapporti personali tra il de cuius e i suoi eredi e legatari: l’eventuale presenza di rapporti di parentela, di sangue o civile, ed esistenza del vincolo matrimoniale o unione civile.
Tale circostanza deve rapportarsi al momento dell’apertura della successione, per il coordinamento della misura dell’imposta con il valore dell’imponibile, in funzione del sistema delle aliquote e della distribuzione della ricchezza. Per tale ragione, molte prescrizioni normative nel corso degli anni hanno disposto che la denuncia dovesse contenere una particolareggiata notizia dei beni compresi nella successione, volta a farne emergere natura, situazione e importanza.
La dichiarazione di successione permette all’amministrazione finanziaria di venire a conoscenza dell’apertura della successione (momento imponibile) e dei suoi connotati quantitativi (base imponibile) e qualitativi (circostanze di fatto e di diritto).
Una caratteristica introdotta fin dal XIX secolo consiste nel fatto che la dichiarazione di successione debba essere redatta su un modello predefinito e secondo regole specifiche e debba essere sottoscritta dai soggetti obbligati. Il suo contenuto, quanto mai composito, è stato determinato analiticamente dalla legge sì che l’amministrazione finanziaria potesse conoscere i fatti relativi al de cuius, all’apertura della successione, ai rapporti tra il de cuius e gli eredi, ai fatti rilevanti per l’applicazione dell’imposta. A fronte della dichiarazione di successione l’amministrazione finanziaria liquida l’imposta, ove dovuta, e ne richiede il pagamento.
Per il fatto che il diritto al tributo nasce nel momento in cui si verifica la delazione dell’eredità, soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione di successione sono:
- i chiamati all’eredità;
- i legatari;
- i loro rappresentanti legali;
- gli immessi nel possesso dei beni, in caso di assenza del defunto o di dichiarazione di morte presunta;
- gli amministratori dell’eredità;
- i curatori delle eredità giacenti;
- gli esecutori testamentari;
- i trustee;
Se più persone sono obbligate alla presentazione della dichiarazione è sufficiente presentarne una sola.
La dichiarazione deve essere presentata entro 12 mesi dalla data di apertura della successione che coincide, generalmente, con la data del decesso del contribuente. Decorso tale termine può intervenire un accertamento della Agenzia delle Entrate. Se ciò avviene è' previsto il pagamento di una sanzione tra il 120 e il 240% dell'imposta dovuta, liquidata dall'ufficio.
Anche con ritardo però l’ordinamento italiano permette di presentare la dichiarazione di successione pagando una piccola mora. Sicché con il cosiddetto “Ravvedimento Operoso” l’amministrazione finanziaria dello stato italiano sanziona il contribuente/erede ritardatario applicando una percentuale di sanzione sull’imposta dovuta, percentuale che è minima se la dichiarazione di successione viene presentata entro 30 giorni, fino ad arrivare al 16,67% se presentata oltre 2 anni dalla scadenza oltre gli interessi.
In altri termini la nostra amministrazione finanziaria punisce l’erede distratto che si autodenuncia con una sanzione decisamente minore rispetto all’erede che subisce un accertamento.
I soggetti che devono pagare le imposte di successione sono i chiamati all’eredità e i legatari contenuti all’interno della dichiarazione tutti i solido. In parole semplici allo Stato italiano non importa chi pagherà tra gli eredi le tasse, è sufficiente che uno solo erede paghi per tutti quanti per liberare anche gli altri eredi.
Allo stessa stregua se nessuno paga le imposte di successione, lo Stato Italiano potrà agire nei confronti di tutti gli eredi, ma anche nei confronti di un solo erede.
ES: Muore Tizio e lascia due figli come eredi Caio (residente in Italia) e Sempronio (residente in Uganda). Se Caio e Sempronio non pagano le tasse di successione, l’Amministrazione Finanziaria potrà agire nei confronti di Caio, residente in Italia, per riscuotere forzosamente le imposte dovute, anche per la quota che avrebbe dovuto pagare Sempronio.
La dichiarazione di successione si presenta all’ufficio dell’agenzia delle Entrate competente per territorio, più precisamente quello dell’ultima residenza del defunto.
Se il defunto risiede all’estero ed è iscritto all’A.I.R.E. si dovrà verificare quale indirizzo era abbinato al contribuente all’epoca dell’iscrizione all’anagrafe italiani residenti all’estero.
In caso in cui questo indirizzo non fosse noto la dichiarazione va presentata presso la Direzione Provinciale II di ROMA - Ufficio Territoriale ROMA 6 - EUR TORRINO, in Via Canton 20 - CAP 00144 Roma.
Entro trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione di successione, il chiamato all’eredità dovrà volturare gli immobili al catasto.
Il catasto è l’ufficio nel quale sono presenti tutti i documenti, mappe e atti, che descrivono i beni immobili (indicando luoghi e confini), nome dei possessori, rendite. Con le rendite si calcolano tasse e imposte. Sicché la voltura catastale non è nient’altro che la variazione presso il suddetto ufficio dell’intestatario degli immobili. Al catasto la proprietà verrà intestata agli eredi del defunto, i quali potranno così iniziare a pagare le imposte sulla proprietà/possesso dei beni immobiliari ereditati.
A far data dal 01 gennaio 2019 sarà obbligatorio presentare con modalità telematiche la dichiarazione di successione e contestualmente si potrà richiedere la voltura automatica degli immobili caduti in successione.